CINEMA & FOLLIA
  
 


IL PROGETTO

L’accostamento cinema/psichiatria sempre più frequente negli ultimi anni in sede di convegni e dibattiti e oggetto di svariate ricerche, richiama l’attenzione su come e quanto il cinema nel tempo abbia privilegiato il contenuto della ‘ follia ’. Senza volere qui azzardare ipotesi di ‘ terapeuticità ’ del cinema e/o dei mezzi audiovisivi in genere, siamo consapevoli di non poter assolutamente prescindere da essi laddove si studi e si discuta di ‘ realtà sociale ’ e della sua ‘ costruzione ’ da parte del singolo. Ci proponiamo, dunque, di elaborare un ulteriore strumento di ricerche che integrato agli altri (ci riferiamo all’archivio storico dell’ex-manicomio di Nocera, i saggi di sociologia e psicologia del cinema, gli studi squisitamente psichiatrici, le banche-dati etc.) speriamo possa offrire nuovi spunti di riflessione. Rifuggendo ogni posizione deterministica sul Cinema che “ in-forma “ le opinioni della gente o sull’immaginario collettivo che determina il prodotto filmico il Cinema è qui utilizzato come indicatore, come meccanismo che disvela momento per momento, paese per paese, i modi di pensare, di curare, di gestire la ‘follia’. E’ ben noto infatti che un film dice molto più di quanto un autore voglia “intenzionalmente” raccontare; molto di più del testo scritto l’ambiguità stessa del mezzo Immagine, la sua potenza evocativa dà luogo alla possibilità di molteplici letture ed interpretazioni. Ogni film rimanda ad un ambito, assolutamente connesso con un territorio, una cultura, un tempo, in cui non esiste frattura tra produzione e consumo; come per le merci in generale anche per i prodotti culturali, nella fattispecie filmici, si può parlare di un processo circolare tra i due termini. Il finish del consumatore, di marxiana memoria, ossia la rifinitura che il consumatore (in questo caso fruitore) apporta al prodotto consumato (il film) ha la sua importanza in questo processo. Il cinema, quindi, come rilevatore di cambiamenti di idee, di orientamenti, di mentalità, ma anche strumento di “ri-conoscimento” da parte di ciascuno ( operatori psichiatrici, insegnanti, utenti, famiglie ) delle proprie idee, dei propri atteggiamenti, dei propri comportamenti. “Ri-vedersi”non è proiettarsi né identificarsi (meccanismi di base della fruizione cinematografica) nei protagonisti dei films, è un vedersi dall’esterno, una possibilità in più di mettersi in discussione e quindi di ‘cambiare’ . Se il cambiare ha in qualche modo a che fare con la “cura”, se è quel processo dinamico che nella relazione terapeutica, ma anche in qualsiasi altra relazione, più o meno sana, più o meno equilibrata, dovrebbe riguardare tanto l’utente quanto lo psichiatra, allora possiamo far rientrare dalla porta quell’intento “terapeutico” , pedagogico e riabilitativo del cinema che avevamo ricacciato dalla finestra.

METODOLOGIA

Per la realizzazione dell’archivio partiamo da un campione di circa 400 films, visionati e schedati (titolo, regista, attori principali, anno e nazione di produzione), di cui 200 commentati con l’ausilio di un questionario . Per la raccolta e selezione dei films ci siamo avvalsi di dizionari di films su base cartacea ( Morandini, Mereghetti, Video guida, Farinotti, Annuari films etc.) e su supporto elettronico (Enciclopedia Multimediale del cinema Filmania, Morandini, archivio cinematografico Ente dello Spettacolo, etc.), di riviste cinematografiche e settimanali di informazione televisiva, strumenti che, integrati alla nuova pubblicistica ( riviste cinematografiche di informazione delle ristampe dei films su supporto elettronico e riviste sullo stesso tipo di supporto, riviste multimediali ) sono essenziali nel lavoro che proponiamo. Molti dei films considerati, che sono la base di partenza dell’archivio sono visionabili in videocassette e/o DVD. I dati di questa prima selezione di films vengono inseriti in un programma di data base (Access) che collegando tabelle e query facilita l’accesso al singolo film e ne permette di visualizzare ordinamenti in base alla seguente classificazione:
  • Configurazione del ‘folle’

    si accede a tutti i films in cui ci sia una discreta caratterizzazione del soggetto portatore di disturbi psichcici
  • La relazione terapeutica
    si accede ai films in cui è ben rappresentato il rapporto terapeutico e/o è ben delineata la figura del terapeuta.
  • La famiglia ed il social network:
    si accede ai films in cui è “pregnante” la famiglia ed il contesto sociale.
  • L’istituzione:
    si accede ai films che incentrano l’attenzione sulle istituzioni (dal manicomio alle strutture residenziali)
  • Regista o attore privilegiato:
    si accede direttamente direttamente ai films di un autore ( Bergman, Allen, etc.) o di un attore (Perkins, NIcholson, etc.) che abbiano privilegiato nel loro lavoro la rappresentazione di problematiche psicopatologiche.
E’ chiaro che, come tutte le classificazioni, anche questa comporta forzature, semplificazioni ed incroci ( un film può caratterizzare bene un disturbo mentale, l’ambito istituzionale ed al contempo appartenere ad un regista privilegiato.
Una volta che si è avuto accesso al film compare sullo schermo la scheda, la trama, il commento, il numero di cassetta o di DVD, le condizioni di visibilità. Fatta questa operazione di inserimento dei dati e di collegamento con videocassette e DVD, si è costituito un modello di costruzione dell’archivio. La fase successiva consiste nel reperimento di nuovi dati, nel monitoraggio (anche via Internet) degli archivi di questo tipo, esistenti sul territorio nazionale e nell’individuazione di testimoni privilegiati che possano fornire un contributo in questo senso.

Obiettivi di ricerca

L’archivio può essere una fonte importante per ricerche e lavori sul cinema della follia:
  • Studi sincronici (es. individuazione dell’immagine del “folle” in un dato momento storico in più contesti nazionali, facendo riferimento al peculiare assetto istituzionale, alle scelte culturali e ai principali orientamenti gestionali, organizzativi farmacologici e psicoterapeutici presenti e/o prevalenti in ognuno di essi);
  • Studi diacronici (es. studio dell’evoluzione in un dato lasso di tempo dell’immagine del terapeuta in un dato contesto nazionale in rapporto sempre alle trasformazioni istituzionali ed alle politiche socioculturali in campo psichiatrico elaborate in quel paese).
  • Studi semiologici (es. studio sulle possibili connessioni tra linguaggio cinematografico e linguaggio della follia)


Attività da promuovere

  • Organizzazione di corsi di formazione ECM per operatori, corsi per docenti ed altre figure professionali impegnate nel sociale
  • Organizzazione di cineforum per operatori, utenti, insegnanti, studenti. etc. , nell’ex O.P. Vittorio Emanuele II, in sale di proiezione, in scuole, in strutture residenziali, in Csm, etc
  • Organizzazione di un convegno sul tema che abbia cadenza annuale.
  • Istituzione di “un giorno della memoria manicomiale” perché anche grazie al cinema non si dimentichi.
  • l’allestimento di una mostra multimediale stabile, con possibilità di percorsi itineranti in Dsm, scuole, associazioni culturali, presenti sul territorio. che vada ad integrarsi con l’archivio storico dell’ex O.P.
  • Istituzione concorso nazionale per il migliore cortometraggio realizzato negli ospedali, nei DSM, nelle Strutture Residenziali.

ASPETTI PSICOPEDAGOGICI DELLA FRUIZIONE CINEMATOGRAFICA

Nella tradizione di studi psicologici sul cinema è prevalsa l’impostazione della gestalt, a partire dai lavori sull’effetto stereocinetico di Musatti.
Tale impostazione ha dato origine a studi abbastanza sistematici dal punto si vista struttural-percettivo : ci riferiamo ad esempio a “Il film come arte” (1933) di Arnheim, “L’esperienza cinematografica” ( 1959) di Dario Romano, ma anche ai lavori di Cesare Musatti, Riccardo Luccio, Agostino Gemelli, la rivista Ikon.
Lavori come quello di Alberto Angelini “Psicologia del cinema” (1992) si sforzano di oltrepassare il contributo gestaltista, pur riconoscendone l’importanza, integrandolo con elementi di psicoanalisi e di studio dei messaggi psicodinamici propri del prodotto filmico.
Il film diviene uno strumento per analizzare la mente. E’ proprio in questa direzione che intendiamo muoverci : capire cosa avviene nella mente umana , in particolare nella mente dei bambini, quando si guarda un film.
E’ nostra convinzione che la conoscenza da parte del bambino delle ‘molle’ che scattano in lui mentre fruisce un film, in parte per i contenuti, in parte per la struttura del film stesso, costituisca un valido aiuto per lui (non nel senso di arricchimento della sua ‘competenza ‘ in materia cinematografica), a selezionare il surplus di informazioni mediatiche che gli pervengono, a ‘schermarsi’ e, nel contempo, a capire qualcosa in più di sè stesso.
Senza voler demonizzare o enfatizzare cinema, televisione, computer, intendiamo semplicemente considerarli come risorse importanti dell’ambiente infantile e adolescenziale : il bambino può essere abituato non solo ad utilizzarle correttamente , ma anche a capire perché si agita sulla poltrona, o piange o scappa via o, più semplicemente, cambia canale, quando guarda un film.
L’insegnante dovrebbe dunque spiegargli che compie un lavoro quando riempie i vuoti del montaggio o che normalmente, nella sua fruizione, attribuisce tridimensionalità a figure bidimensionali, o ancora che la percezione del movimento al cinema gli è data dallo scorrimento di 24 fotogrammi al secondo.
Sul piano invece dei contenuti del film, il docente dovrebbe far capire al bambino/adolescente che se ride, piange o è in ansia con o per il protagonista del film è perchè si immedesima in lui (meccanismo di identificazione) e se odia il cattivo (l’antagonista) della storia è perché proietta in lui le sue parti peggiori (meccanismo di proiezione).
Questo può servire a fargli capire oltretutto che non esistono i buoni e i cattivi e che lui stesso è un po’ buono, un pò cattivo.
Da questi pochi esempi si potrebbe trarre la conclusione affrettata che tali concetti, pur essendo molto importanti per una crescita consapevole nella realtà audiovisiva, sempre più pervasiva, siano troppo difficili da acquisire.
Tuttavia gli stessi studi di psicologia del cinema sulla memorizzazione e comprensione dei prodotti audiovisivi da parte dei bambini in età prescolare e scolare negano ogni validità a questo tipo di obiezione. Sul piano dei contenuti, inoltre, la proposta di films che raccontano situazioni e condizioni di disagio infantile ed adolescenziale può diventare occasione di riflessione sulla malattia mentale per imparare a riconoscerla, ad umanizzarla e, al contempo, a non averne paura.
Il docente dovrebbe qui sforzarsi di avvicinare il bambino/adolescente al disagio psichico sottolineando come nel contesto familiare, ristretto o allargato, nella rete dei vicini e conoscenti di ognuno di noi ci sia una persona che è in difficoltà e che la malattia mentale non è un mostro da evitare, ma qualcuno che ha un volto, un nome, una dignità, anche se troppo spesso lo dimentichiamo.
Non esistono, dunque, i ‘folli’ e i ‘normali’, ma solo tante persone diverse con cui bisogna imparare a confrontarsi.